VIVERE PER LA STORIA. MARC BLOCH

A Lione, il 16 giugno 1944, un membro della Gestapo uccise a fucilate un resistente francese della rete Franc Tireurs. Era Marc Bloch, all’epoca uno dei maggiori storici viventi. In quell’anno il secondo conflitto mondiale volgeva al termine: sul fronte orientale avanzava l’Armata Rossa sovietica, l’esercito statunitense sarebbe sbarcato in Normandia e in agosto avrebbe liberato Parigi. Il nazifascismo era ormai accerchiato ed era alla fine. Se Bloch fosse vissuto abbastanza avrebbe forse smesso di provare l’angoscia e l’inquietudine che la storia, quella viva, presente e pulsante che visse in prima persona, gli suscitava. Era di certo un momento di crisi, quei momenti che da storico aveva imparato a riconoscere come gravidi di conseguenze e cambiamenti. I cambiamenti e i processi storici magmatici, che fuggono le schematizzazioni e le forzature teoriche erano un nodo centrale del suo pensiero di storico. Da ebreo, Bloch visse il montare dell’antisemitismo francese, culminato nell’ affaire Dreyfus; combattè la prima guerra mondiale sul fronte delle Argonne; si nascose sotto il regime collaborazionista di Vichy, mentre i tedeschi si attestavano nel nord della Francia. Avvenimenti che lesse e visse sempre con occhi di storico. Abbracciare la causa della Resistenza fu una naturale conseguenza della sua visione:

“la discussione va ben al di là dei piccoli scrupoli d’una morale corporativa. La nostra civilizzazione occidentale v’è, per intero, interessata”

La storia, dunque, serve. L’azione presente non può servire allo scopo senza la conoscenza del passato. Come vada fatta e studiata affinché serva, Bloch lo scrisse mentre il nazifascismo avanzava, con l’apprensione e l’urgenza che quei temi richiedevano.

Marc Bloch non era uno storico convenzionale. Non aveva paura della partecipazione attiva, delle previsioni sul futuro, di rompere con le consuetudini. Molti dei suoi progetti erano già ben avviati: come la famosa rivista storica Annales, iniziata nel 1929 con Lucien Fevbre, storico e sindacalista radicale prima di darsi esclusivamente alla ricerca storica.

L’impostazione che Fevbre diede alla sua attività di storico deriva dal suo attivismo politico giovanile, all’inizio nel Novecento, in campo socialista e sindacale. Un attivismo che ebbe fine in seguito alla direzione che prese la Confederation General du Travail, ormai assestatasi sulle posiziosi marxiste ortodosse di Jules Guesde, lontane dall’impostazione federativa di organizzazioni cooperative e mutualistiche di lavoratori che aveva alla sua nascita. La priorità agli “oscuri militanti” e l’autorganizzazione erano elementi che Fevbre riteneva necessari per un’azione politica e sindacale efficace. Parallelamente, la storia e i suoi fatti scaturiscono, secondo Fevbre, dall’esperienza viva, quotidiana, a volte dolorosa degli individui. Le idee politiche hanno successo se e solo se coincidono con i bisogni e le mentalità delle masse. Lo stesso valeva per il marxismo ortodosso imposto dall’alto, che Fevbre considerava, a ragione, ad alto rischio autoritarismo, e che non poteva che nuocere agli interessi della classe lavoratrice.

Questa importanza dei fenomeni sociali e collettivi in storia era un’idea che anche Marc Bloch condivideva nel profondo e che pervade l’intera esperienza delle Annales. In quel fatale 1944, Bloch stava lavorando a qualcosa di nuovo. Un libro sul metodo storico, sul perchè uno storico fa quello che fa. Seppure incompiuta, è un’opera che contribuirà a cambiare la storiografia: la storia “imbalsamata” delle suddivisioni cronologiche, dei re, dei papi, degli schemini ha, da allora, in gran parte perso la sua forza. In favore della storia degli uomini, degli uomini in società: come vivevano, come pensavano, come lottavano.

Il manoscritto incompiuto fu curato e pubblicato una prima volta nel 1949, da Lucien Fevbre. In seguito uno dei figli di Marc Bloch, Étienne, ritrovò una redazione anteriore: le due versioni sono confluite nel testo definitivo, Apologia della storia o Mestiere di storico.

L’opera si apre con un interrogativo: “a cosa serve la storia?”. A questa domanda Bloch tenta di rispondere, e nel farlo inizia una rivoluzione in storiografia dalla quale la storia – come disciplina, metodo, scienza – non tornerà mai più indietro.

Il XIX e il XX secolo avevano visto il fiorire delle scienze sociali, ma la storia restava, in un certo senso, una raccolta di eventi: è la disciplina degli antiquari, come la definisce Bloch, inutile a comprendere davvero le società del passato, e di conseguenza il presente. Il nodo dell’esperienza storiografica di Bloch può essere riassunto in questa frase:

“La questione, in una parola, non è più di sapere se Gesu’ sia stato crocifisso e sia poi risorto. Quel che ormai si tratta di comprendere è come avvenga che tanti esseri umani attorno a noi credano nella Crocifissione e nella Risurrezione”

Un elenco di eventi è nulla più che nozionismo. La storia è prodotta dallo storico, che interroga e medita sulle fonti e le testimonianze. Cosi’ facendo da forma alla storia, si, ma degli uomini nel tempo: anche questa è una definizione chiave della scienza storica di Bloch. Non si tratta infatti solo del passato, non si è mai trattato solo del passato: se cosi’ fosse basterebbero gli antiquari. Lo storico deve, nel suo interrogare le fonti, fare avanti e indietro tra passato e presente, perché uno illumina l’altro e viceversa in un costante rimando. “L’ossessione per le origini”, che tanta parte ha avuto nell’interpretare il passato, non è altro che deleteria: le origini non necessariamente spiegano. E non bisogna aver paura del presente, e lasciarlo a

“un drappello di antiquari, occupati, per macabro diletto, a togliere il sudario agli dei defunti: dall’altro, sociologi, economisti, pubblicisti – I soli esploratori del “vivente”

L’oggi è uno strumento essenziale per la comprensione del passato. E il futuro? Le pallottole tedesche uccisero Marc Bloch prima che potesse scriverne nel dettaglio; in qualsiasi caso, il futuro non è disgiunto da presente e passato. Se il vero storico viaggia nel tempo e nella durata, non gli si negherà, con le dovute riserve, un occhio al futuro.

La comparazione di fenomeni, di fatti, di uomini e idee, senza compartimenti cronologici stagni, fa pervenire lo storico a individuare l’ossatura della società. Ed è necessario che si tratti dell’uomo tutto intero, fatto di corpo, mente, sensibilità. L’uomo comune, aggiungerà Fevbre, in perfetta sinergia con Bloch. Un approccio che aiuterà a far fiorire l’utilizzo di fonti orali, che farà luce su fenomeni poco studiati e che aiuterà nella comprensione dell’uomo. Di più, e meglio, delle scienze sociali. Perchè la storia non trascura nulla e da senso agli eventi – gli avvenimenti, ciò che gli scienziati sociali considerano nulla più che un residuo. E in ogni caso,

“Senza dubbio, anche se la storia dovesse essere giudicata incapace d’altri compiti, rimarrebbe da far valere, in suo favore, ch’essa è divertente”

Bibliografia

Marc Bloch, Apologia della storia, Biblioteca Einaudi, Torino 1998

Lucien Fevbre, Lavoro e storia, Donzelli, Roma 2020

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